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Gabardini, Carlo

Intra, novembre 1858
Intra, 28 gennaio 1900

Figlio del notaio Alessandro e di Rosa Moro.

«Carlo Gabardini fu non solo un forte e colto ingegno, ma un uomo dal cuore aperto a tutti gli entusiasmi buoni ed elevati, ai quali sempre informò le opere proprie; ed è perciò che quanti lo conobbero lo rammenteranno lungamente con affetto sincero e duraturo rimpianto.
Nato in novembre del 1858, percorse brillantemente gli studi classici nel Collegio di Domodossola, nel Liceo di Novara e all'Università di Torino, distinguendosi tra i condiscepoli, facendosi amare da tutti. I compagni d'Università ricorderanno a lungo l'attivo e brioso fondatore e presidente del Circolo universitario. Laureatosi in Ingegneria civile alla Scuola del Valentino di Torino nell'anno 1882, dopo qualche tempo di utile pratica nello studio del valente architetto cav. Riccio, Carlo Gabardini ritornò alla sua Intra prediletta, diventando l'anima del reputato studio dello zio geometra Giovanni Gabardini di cui doveva essere il seguito il successore. Da allora la sua vita laboriosa e feconda fu spesa nell'esercizio onorevole della sua professione d'ingegnere e di agente capo ed ispettore della Società La Reale, ma ciò non tolse che Egli sempre dedicasse una parte del suo ingegno al bene della sua Città.

Consigliere comunale per 12 anni e membro della Commissione Sanitaria e compilatore del pregiato piano di risanamento della città, delegato dei Consorzi Stradali, compilatore gratuito di vari progetti per costruzione di case operaie, e collaboratore della costruzione del grandioso fabbricato per le scuole maschili, amministratore della Banca Popolare, vice presidente della Sezione Verbano del C.A.I. portò in tutte le cariche la sua calda parola e la sua opera utilissima. Anche quando dopo infruttuose pratiche fatte dall'Autorità competente presso altri cittadini, fu pregato di accettare l'ufficio di Giudice Conciliatore, il suo patriottismo non venne meno e volonteroso assumeva il grave carico che disimpegnò con rara dottrina e diligenza.
Fra tutte le istituzioni però che ebbero la fortuna di averlo fra i loro amministratori, quella del Club Alpino Italiano fu certo la sua prediletta ed alla stessa dedicò pure volentieri l'opera sua di apostolo fervente e di appassionato alpinista. Socio della Sezione Verbano da 18 anni e per altrettanti suo delegato presso la sede centrale, decorosamente la rappresentò in tutti i congressi partecipando colla forbita e concettosa parola alle assemblee e salendo per l'onore della sezione le più eccelse vette a fianco dei più provetti alpinisti. Troppo lungo sarebbe rammentare le sue benemerenze in questo campo. La Colonia Alpina Verbanese pei fanciulli poveri fu l'ultimo benefico frutto della sua opera, ed i colleghi della direzione, i soci tutti che lo rammentano con animo grato, non avrebbero miglior modo di onorare la memoria del povero Estinto di quello di adoperarsi perché a tale Istituzione sia assicurato un avvenire duraturo e ad essa sia legato il nome del suo benemerito fondatore.
Tanta vita, già feconda e ancor più promettente nell'avvenire fu spezzata in 10 giorni di malattia!».

La Vedetta, 14 gennaio 1908

 [Leonardo Parachini]