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Albertazzi, Giulio

Vogogna, 1776
Pallanza, 29 maggio 1798

Rivoluzionario giacobino. Figlio primogenito di Giovanni Giacomo Antonio, dottore in legge, e Eleonora Magri originaria di Pallanzeno. Diseredato dal padre, a causa della sua indole ribelle, a diciannove anni si arruolò nella Regia Marina Sabauda.

Fino all’aprile del 1798 poco sappiamo di lui: lasciò l’esercito regio, forse si unì volontario all’esercito francese, partecipò al fallito tentativo rivoluzionario di Pallanza del 1796 [1].

Dopo la proclamazione a Milano della Repubblica Cisalpina si aggregò all’Armata del Levante sbarcata, nella notte del 13 aprile 1798, alla foce del torrente San Bernardino, sulla riva tra Intra e Pallanza, con l’intenzione di occupare l’intero Piemonte.

Il 17 aprile 1798, l’Albertazzi entrò in Vogogna, suo borgo natale, alla testa di un manipolo di volontari, precedendo le truppe giacobine guidate dal generale Giovanni Battista Léotaud (Leotto). Due giorni dopo, il 19 aprile, a capo delle reclute del Lago Maggiore partecipò alla presa di Domodossola.

Nominato “Comandante di tutte le milizie delle due Ossole”, ebbe l’incarico di occupare la Val Vigezzo. Il 20 aprile raggiunse Santa Maria Maggiore ove si ricongiunse con le truppe del capitano Fontana, partite da Cannobio ed entrate in Vigezzo attraverso Finero.

Giunta notizia che l’esercito regio proveniente da Arona era ormai in prossimità di Stresa, l’Albertazzi lasciò la Val Vigezzo con l’intenzione di unirsi al grosso delle forze repubblicane concentrate a Ornavasso. L’esito nefasto dello scontro, avvenuto il 22 aprile nella piana tra Gravellona Toce e Ornavasso, costrinse l’Albertazzi a fuggire di nuovo in Ossola e nascondersi a Beura. Catturato dagli stessi paesani, nella notte del 26 aprile fu condotto prigioniero al castello di Domodossola e poi tradotto a Casale Monferrato. Processato con l’accusa di lesa maestà venne condannato a morte con sentenza da eseguirsi a Pallanza.

All’alba del 29 maggio 1798 all’estremità di levante della piazza Maggiore, fu fucilato. La famiglia non volle la riconsegna della salma che dovette essere sepolta all’interno della Collegiata di San Leonardo:

Anno Domini millesimo septingentesimo nonagesimo octavo die vero vigesima nona mensis maii Julius ab quondam J. C. domino Johanae [sic] Jacobo Albertazzi ex Parochia Voconiae aetatis annorum viginti trium circiter, militari imperio plumbeis globulis percussus interiit cujus corpus statim in hac insigni collegiata et parochiali ecclesia oppidi Palantiae sepultum fuit. Mihi infrascripto paulo ante obitum confessus est, et ab Reverendo Domino Canonico Della Torre sanctissima communione refectus et pro fide. Bernardinus Morandi Parochus.
 

[1] Lossetti – Mandelli riporta nel suo scritto Martiri di Domodossola e di Casale, la voce infondata secondo la quale fu l’Albertazzi a denunciare  Giuseppe Antonio Azari (cfr. scheda G. A. Azari).




Bibliografia:

E. Bianchetti, L’Ossola Inferiore, Atesa Editrice, Bologna 1980, pp. 663-703 (riedizione anastatica).

C. Botta, Storia d’Italia: dal 1789 al 1814, Torino 1824.

A. De Regibus, I moti repubblicani dell’Ossola e del Lago Maggiore, Pavia 1922.

Martiri di Domodossola e di Casale, in Panteon dei Martiri della libertà italiana, Torino 1851, vol. II, pp. 353-358.

C. Müller, I moti patriottici intorno al Lago Maggiore e nell’Ossola, l’anno 1798, in «La Voce del Lago Maggiore», 18-19/1898

M. Parachini, Moti giacobini nel Verbano e nell’Ossola (1796/1798), in Piero Leddi: giacobinismo italiano, 1789-1796, Verbania 1996.

A. Preioni Travostino, I moti rivoluzionari del 1798 nell'Ossola e nel Verbano, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola 1998.

A. Viani, Pallanza antica e nuova, Eredi Vercellini, Pallanza 1891, pp. 255-261.

[Leonardo Parachini]